E' il primo pomeriggio del 28 gennaio 1994. In un cortile di Mostar est una troupe della RAI sta girando un servizio davanti ad un rifugio dove sono ammassate decine di persone; tra queste molti sono bambini e proprio ai bambini vittime della guerra è dedicato lo speciale che i giornalisti triestini devono realizzare per il TG1.
Dalle colline che circondano la capitale dell'Erzegovina piomba all'improvviso una granata di mortaio che centra in pieno i tre inviati.
Marco Luchetta, Saša Ota e Dario D'Angelo, tre operatori dell'informazione, pagano il prezzo più alto per raccontare le atrocità della guerra scoppiata alle porte di casa nostra. Qualche settimana dopo Trieste piangerà un'altra vittima, il tele-cineoperatore Miran Hrovatin trucidato in Somalia con l'inviata del TG3 Ilaria Alpi.

Nasce così, per volontà di amici e colleghi la "Fondazione Luchetta, Ota. D'Angelo, Hrovatin per i bambini vittime della guerra."

Un edificio di proprietà della Provincia di Trieste viene adeguatamente ristrutturato e dalla primavera del 1998 diventa centro di prima accoglienza per bambini prevalentemente con gravi malattie e loro familiari vittime dei conflitti che insanguinano il pianeta.

Nella casa di Via Valussi a Trieste trovano così posto negli anni decine di famiglie. Provengono da Georgia, Cecenia, Serbia, Etiopia, Bosnia, Russia, Albania, Libia, Kosovo. In quelle stanze non esistono barriere etnico-religiose, la vita scorre sotto il comune denominatore di una sentita solidarietà.
Grazie al costante aiuto di tanta gente la fondazione negli anni ha moltiplicato il fronte dei suoi interventi: dall'invio di vaccini e di pannolini ad un orfanotrofio di Belgrado, di medicinali e di testi di aggiornamento in Afghanistan, di apparecchiature per la dialisi ad un centro medico a Prozren in Kosovo, all'installazione di uno studio dentistico in Albania aiutando anche economicamente i propri assistiti che sono ritornati nelle terre d'origine.

E sempre con l'aiuto della gente abbiamo potuto ampliare gli spazi destinati all'ospitalità della casa di via Valussi prendendo in affitto altri appartamenti.

Nel perenne ricordo di chi, per raccontare e combattere la guerra parlando di pace, ha finito per perdere la vita.





CENTRO D'ACCOGLIENZA
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