Monouso e a basso costo: è la membrana per analizzare i nanomateriali (Press review)

Un nuovo sistema, basato su una sottilissima membrana di grafene, attraverso cui osservare i materiali. L’ha realizzato, sotto il coordinamento di Andrei Kolmakov, un’equipe internazionale di ricercatori dell’Università dell’Illinois, di Sincrotrone Trieste S.C.p.A. e dell’Università Tecnica di Monaco. Conquistando le pagine della rivista Nature Nanotechnology e promettendo di abbattere il costo di molte analisi per la caratterizzazione chimica in condizioni ambientali.

Questo lavoro, infatti, vuole risolvere un problema fondamentale che rende oggi molto difficile lo studio e lo sviluppo di nuovi nanomateriali, come quelli impiegati nella sintesi di catalizzatori o quelli biocompatibili per applicazioni in campo medico. “Le loro caratteristiche e prestazioni – spiega Matteo Amati, fisico di Sincrotrone Trieste – dipendono fortemente dai processi che avvengono sullo strato più esterno esposto all’ambiente, sia questo un gas, un fluido o un tessuto cellulare. Per capire e controllare questi processi bisogna quindi acquisire un’informazione specifica di superficie registrata in condizioni ambientali. Ma questo può costituire un ostacolo decisivo perché alcune delle tecniche più efficaci, che sono basate sulla rilevazione degli elettroni emessi dal materiale, funzionano solo in condizioni molto controllate”. 
 
Il sistema messo a punto dagli autori dell’articolo risolve esattamente questo punto, in modo semplice ed economico. La membrana utilizzata, spessa fino a un solo strato atomico, è comunque abbastanza robusta da separare e isolare in modo efficace i due diversi ambienti: quello in cui è immerso il campione da osservare e quello “riparato” richiesto dalle tecniche analitiche. Ma è nello stesso tempo abbastanza trasparente da far passare gli elettroni che trasportano le informazioni chimiche.
 
Utilizzando questo semplice sistema, che potrà essere prodotto in serie a costi molto ridotti e applicato anche a diversi categorie di strumenti come i microscopi elettronici, molti quesiti sperimentali verranno risolti in modo più semplice e con un grande risparmio, senza bisogno di ricorrere a costosissimi apparati sperimentali che fino ad oggi costituivano l’unica soluzione possibile.
 
“Avere a disposizione questa alternativa – conclude Amati – potrà fare in molti casi una differenza fondamentale, tanto più in un momento di scarsi finanziamenti. La differenza fra fare o non fare una certa ricerca, anche in campi di grande utilità applicativa, visto che i nanomateriali trovano e troveranno sempre più impiego in ambiti come la medicina, l'ambiente, l'elettronica”.
 
Il lavoro sperimentale condotto presso Sincrotrone Trieste è stato in parte sostenuto dai contributi della Regione Friuli Venezia Giulia, nell’ambito del Progetto AMBIONSEN dedicato allo sviluppo di sensori chimici per diagnosi ambientale e biologica, basati sulle nanotecnologie. 

Ultima modifica il Venerdì, 27 Gennaio 2012 12:26